“Siamo uscite dall’aula perché non abbiamo capito come mai si deve esprimere solidarietà solo alle vittime di Parigi e non a quelli che muoiono in tutti gli attentati in altre parti del mondo”. Un concetto umanamente condivisibile quello espresso in una scuola di Varese dove, sei studentesse marocchine lunedì, durante il minuto di silenzio per le vittime degli attentati parigini, hanno scelto di lasciare la classe. Del resto, appena ieri, nellindifferenza generale in Nigeria un attacco suicida jihadista ha provocato oltre 30 morti e un centinaio di feriti. Una presa di coscienza che dovrebbe quindi essere collettiva e valida per ogni circostanza. E evidente, come per chi scrive, che la situazione francese ci tocca molto da vicino e ci coinvolge oltremodo. Cè però da sottolineare che anche alcuni studenti italiani hanno seguito le giovani magrebine (mentre un ragazzo di fede islamica è invece rimasto in classe), a testimonianza di un coinvolgimento emotivo, rispetto ai fatti del mondo, sicuramente responsabile e partecipato. “Subito dopo comunque, quando sono rientrati, in quella classe c’è stato un lungo approfondimento” ha tenuto a sottolineare la signora Nicoletta pezzato, preside dellistituto varesino Daverio. Certo, visto che la vicenda, pubblicata dal quotidiano locale La Prealpina ha avuto una vasta eco, ha causato lintervento (doveroso) della Digos che, in virtù del delicato momento sociale, ha voluto accertarsi dellaccaduto. Pur capendo il concetto i morti sono tutti uguali questa iniziativa non mancherà però di avere strascichi deleteri nellambito di una costruttività per il dialogo interraziale. In un altro momento sarebbe stata una buona occasione per ribadire e sottolineare linutilità della violenza per laffermazione di religioni, ideologie e concetti. Oggi ogni minimo spostamento rischia invece di alimentare un brutto fuoco, facile trasformarsi in un rogo gigantesco .
M.